venerdì, ottobre 30, 2009

Rock'n' roll can never die

Partito dal Canada Neil Young, ventenne, raggiunge la California che nella seconda metà degli anni sessanta è uno dei posti dove la rivoluzione culturale, che raggiungerà il suo apice nel '68, è in massima evoluzione, ed è qui che la cultura hippie del peace and love prende il suo avvio. Musicista fin dalla prima adolescenza nel 1966 Young si unisce ai Buffalo Springfield, che ben presto diventa una delle band guida del country rock grazie anche alle sue composizioni, Broken Arrow e I’m a  Child tra le più famose. Due anni dopo uscì il suo primo disco solista che con i suoi blues acustici e le ballate country, nonostante sia un prodotto un po' immaturo, rivela tutta la natura compositiva del personaggio. Nel 1969 con l'album Everybody Knows This Nowhere incomincia la sua collaborazione con i Crazy Horse che daranno un’energia più rock alle ballate folk, dove Cinnamon Girl e Cowgirl in The Sand sono sicuramente due capolavori indimenticabili.

Il 1970 è l'anno cruciale per la carriera di Neil Young, infatti inizia la sua collaborazione con i CSN, col quale aveva già  suonato, se pur riluttante per le riprese cinematografiche a Woodstock l'anno prima, che daranno alle stampe l'immortale Deja Vu e come solista pubblicò il suo terzo album After The Gold Rush dove nonostante la presenza dei Crazy Horse c'è un ritorno alla fase più folk, ma non mancano alcuni episodi di sferzante rock. È soprattutto con la canzone Southern Man, un inno antirazzista, che rivela una consapevolezza sociale e politica che si manifesterà appieno nell'incisione del singolo Ohio, un’accusa nei confronti della polizia che all'università del Kent sparando durante una manifestazione provoca la morte di quattro persone.
Fino a questo punto la carriera di Neil Young non è diversa da quella di molti altri cantori americani più o meno impegnati, che con l'allontanarsi del entusiasmo giovanile ripetono se stessi all'infinito, ma i tempi stanno cambiando…si accentua la guerra in Vietnam l'onda lunga del boom economico si sta affievolendo e lo spirito hippie sta morendo travolto dall'eroina. Neil Young nella sua sensibilità percepisce tutto questo, e quello che prima nella sua musica era malinconia diventa rabbia e ribellione con una voglia di urlarlo al mondo intero, che nello spirito più che nella musica anticipa di qualche anno la "rivoluzione" del punk al quale Young renderà omaggio in uno dei suoi capolavori nel album Ruast Never Sleep del 1979, dove frasi come "Rock'n' roll can never die" (il rock'n'roll non può morire), o "meglio bruciarsi che svanire" (usato da Curt Cobain nel suo messaggio d'addio) al contrario dall'essere retoriche danno un sunto ed un continuo a quello che è stato e che sarà il rock.
Nel 1972 esce il disco Harvest che gli darà un successo mondiale. Registrato nel 1971 viene pubblicato solo un anno dopo a causa di problemi personali di Young. È un album ancora più country dei precedenti ed è un album di un Neil Young più arrabbiato e più disperato, nel quale troviamo una canzone come "The needle and the damage done" dove con struggente poetica racconta il dramma della droga che da lì a pochi mesi porterà alla morte Danny Whitten, suo amico nonchè chitarra dei Crazy Horse ,o dove in un altra canzone, Alabama, ripropone il tema del razzismo, oppure In Out to The Weekend parla della solitudine. Sicuramente il successo mondiale più che dalle liriche è dato dalle musiche perfette e di grande impatto, che lo faranno conoscere anche ad un pubblico piu avvezzo al pop.


Nonostante il successo planetario Neil Young piomba in una fase ancora più drammatica che rende la sua produzione successiva ancora piu cupa ,e ne sono un esempio i dischi successivi, "Jurney Through The Past, Time Fade Away, registrato dal vivo, e soprattutto nel successivo "On The Beach" dove già dalla copertina traspare tutta la desolazione del suo stato d'animo, dove in una spiaggia la sua figura di spalle guarda verso il mare sormontato da un cielo grigio, il tutto contornato dalle classiche sdraio e ombrellone,ed una Cadillac affondata nella sabbia…e le musiche non sono da meno.
Ma alla fine, nonostante il pessimismo di molti che lo vedevano prossimo all'autodistruzione, Young dà uno sfogo a tutto questo registrando uno dei dischi più importanti del periodo se non dell'intera storia della musica rock, un disco che influenzerà generazioni di musicisti, dai Sonic Youth ai Pearl Jam da Nick Cave ai Dinosaur Jr.ai Nirvana…chi più chi meno deve qualche cosa a questo disco e molti di questi artisti, chi in un modo chi in un altro, gli hanno reso il giusto omaggio.


Tonight 's The Night è un disco cupo, drammatico ma soprattutto nero, già dalla copertina, per l'appunto nera dove si vede un Neil Young di tre quarti con un vestito all'apparenza chiaro, che con uno sguardo drammatico coperto in parte da occhiali neri, di fronte ad un microfono sta per indicarci qualche cosa, qualche cosa che si è perso…Tonight's The Night è la definitiva scritta sulla pietra tombale di un’epoca, il flower power, il peace and love insomma tutto quello che una generazione aveva vissuto nella speranza di cambiare il mondo era finito, ogni illusione era svanita in una spirale di violenza e droga. Registrato nel retro di un garage, del quale pare avesse divelto una parete per far passare tutta la strumentazione, il disco è praticamente un live registrato in presa diretta del quale alcune inevitabili imperfezioni lo rendono ancora più affascinate, sottoponendo i musicisti,i superstiti Crazy Horse più altri amici tra cui Nils Lofgren e Jack Nitzche, ad estenuanti prove serali che inevitabilmente posticipavano la registrazioni a notte inoltrata, rendendo ancora più crepuscolare il risultato delle medesime.
Il canto funebre si apre con la title track Tonight's the Night dedicata all’amico nonché roadie Bruce Berry, che viene testualmente citato nella canzone,anche lui morto per droga come il sopra citato chitarrista Danny Whitten. A loro due sarà dedicato l'intero album, Speakin'Out e World on a String un blues il primo, un po' più rock la seconda con la loro acidità ci accompagnano fino all'ascolto di Borrowed Tune che assieme alla struggente Mellow My Mind esaltano la drammaticità del canto di Neil Young reso ancora più tormentoso dall'inseparabile armonica. Un paio di canzoni piu "leggere" Come On baby Lat's go Downtown, un rock’n’roll, Another Number, un country-stile,  precedono Albuquerque,uno dei suoi capolavori che nonostante l'omogeneità del disco riesce ad evidenziarsi, dove la contrapposizione delle due chitarre, adeguatamente amplificate, sarebbero state alla base della musica di molti gruppi degli anni '90. Dopo due pezzi di grande valore come New Mama e Lookout Joe ,e prima della ripresa della title track che chiude l'album, riprende il canto funebre con il bellissimo talkin'blues Tired Eyes. E poi finisce un disco che più che un epitaffio del suo tempo è un testamento di un intero periodo storico con tutte le sue delusioni e sconfitte.
Nel 1975, dopo aver subito un operazione alla gola, Neil Young fa uscire l'album Zuma, ingiustamente sottovalutato, dove prevale una vena più rock del solito e dove nonostante il tema principale sia la cultura indigena americana e i soprusi subiti, la musica è sicuramente più raggiante (nei limiti di Neil Young) che nei precedenti album.


Il 1977 e il 1978 vedono l'uscita di due discreti album prevalentemente country, American Stars'n'Bars dove l'impressione è appunto, soprattutto nel primo lato, quella di canzoni avvinazzate e Comes A Time che ottiene un buon successo grazie alla sua somiglianza con Harvest. Nei due dischi spiccano soprattutto le canzoni Like A Hurricane sul primo e Lotta Love sul secondo.
Rust Never Sleep, registrato in una lunga tournee con i Crazy Horse, esce nel 1979 ed è un vero capolavoro. Diviso in due parti, come erano i suoi concerti, il primo lato acustico si apre con My my Hey Hey (out of the blue)…il punk è arrivato e Neil Young lo sa e non nega l'evidenza: "This is the story of Johnny Rotten" ma anche "Rock'n' roll can never die"…come ho detto sopra tutto finisce ma tutto ricomincia, e anche nella canzone "The Thrasher" è consapevole che lui e tutta la sua generazione sono ormai dei dinosauri e lo dice chiaramente quando canta "like dinosaurs in the shrine". Il nostro canadese è un dinosauro che ha ancora qualche cosa da dire ed infatti, dopo altri tre brani acustici che riportano alla questione indigena già affrontata su Zuma, si cambia lato ed esplodono Powderfinger e Wolfare Mothers in tutta la loro elettricità ed è un garage rock che una decina di anni dopo avremo chiamato grunge. La successiva Sedan Delivery, ancora più trascinante delle precedenti, ci parla di degrado metropolitano. Il disco si chiude con la versione elettrica del primo brano che diventa Hey Hey My My (into the black)…ancora il nero!!!!


Nel Proseguo della sua carriera sicuramente Neil Young non è stato più capace di riportare la sua grandezza a questi livelli e gia il seguente Hawks and Doves scivola nell'anonimato. Di seguito prova a reinventarsi con l'hard rock Re-ac-tor o addirittura con l'elettronica, Trans e Landing On Water, con vari ritorni al coutry e al blus rock delle sue origini. Gli anni ottanta sono veramente stati poveri di ispirazione per Young. Nel 1989 con l'album Freedom mostra segni di risveglio nella sua vena compositiva,e con Ragged Glory del 1990 raggiunge il pubblico del grunge che, giustamente, lo elegge a padre fondatore della musica di Seattle. Incomincia così anche un tour dove a fare da spalla ci saranno i Sonic Youth. Inciderà nel 1994 Sleep Whit Angels in memoria di Curt Cobain e nel 1995 Mirror Ball con i Pearl Jam e sempre nel 1995 scrive la colonna sonora per il film Dead Man di Jim Jarmush, registrandolo in presa diretta mentre scorrevano i fotogrammi della pellicola ed è forse questa la sua cosa migliore fatta da molto tempo.


Il seguito della carriera fino all'attuale ispirazione ecologista è costellata da registrazioni di vario genere ma soprattutto da alcune antologie di notevole interesse.
Neil Young è stato una star senza mai esserlo, sicuramente al pari di Elvis Presley e Bob Dylan, uno dei massimi esponenti della musica americana, naturalmente escludendo il jazz, ma a differenza del primo non è mai stato un eroe delle masse (ci avrebbe pensato Springsteen a quello) e non si è mai sentito un profeta come il secondo. La sua immagine più viva è quella di lui solo seduto sul palco che con la sua voce struggente declama poesie per una generazione che ancora aspetta la verità.
Lo Zio Fonta


1 commento:

sull’amaca.it ha detto...

Grazie bel post. On The Beach è uno dei miei dischi preferiti, troppo vicino al cuore, troppo vicino all'osso...