Di conseguenza mi sono ritrovato a randomizzare musica a caso (leggesi pure a cazzo), e in questo bailamme di suoni, all’improvviso, sentendo un paio di brani, ho trovato l’ispirazione per consigliarvi un disco. Sicuramente tutti lo conoscerete, ma non so se sinceramente tutti lo abbiate ascoltato con la giusta attenzione. Già immagino, lo storcimento di naso di molti di voi, anche tra gli stessi redattori del blog, ma che ci volete fare, chi ha avuto circa quattordici anni quando gli ho avuti io, quando sente questo disco, un minimo di reminescenza nostalgica, non può non venire.
Sicuramente, Ritchie Blackmore, non è un genio e probabilmente, come molti dicono nemmeno un grande chitarrista, niente a che vedere con il contemporaneo Jimmy Page geniale e virtuoso.
Però, nonostante questo, è riuscito a fare Deep Purple In Rock.
Tralasciando la copertina che tutti conosciamo, dedichiamoci alla musica. Il disco si apre, con una cinquantina di secondi di “rumore” musicale, che sfuma in un dolce incedere di organo, introducendo il vero e proprio attacco di Speed King, e qui è capelli lunghi e sudore, un ritmo incalzante e travolgente, accompagna un testo di demenza sublime, “Good Golly, said little Miss Molly When she was rockin' in the house of blue light /Tutti Frutti was oh so rooty /When she was rockin' to the east and west/ Lucille was oh so real /When she didn't do her daddies will /Come on baby, drive me crazy--do it, do it”, ogni traduzione mi sembra superflua, l’essenza dell’hard rock, un brano seminale. La successiva Bloodsucker è un altro brano incalzante di hard blues elettrico, impreziosito dai pacati virtuosismi vocali di Gillan (si chiama cosi? Non ricordo bene ma mi sembra di sì.) E cosa dire, di Child in Time, dove il solito Gillan, in un canto struggente, viene accompagnato da una dolcissima melodia, senza stare troppo a sottilizzare, che questa melodia e la stessa di Bombay Calling degli It’s a Beautiful Day (non ho il disco sottomano, ma non mi ricordo che i Deep ne facciano cenno, nelle note di copertina, magari non ricordo io), dopo un po’, comunque, accade il dramma, e tutti si incazzano Gillan compreso, che comincia ad urlare come un eunuco, e la musica ritorna ad essere travolgente, poi gradualmente si ritorna all’iniziale melodia, e cosi finisce il primo lato.
Giriamo, virtualmente (che bello, essere nel 2010 e poter usare queste abusate parole futuriste, o futuribili? Bah!), ad ogni modo, il secondo lato, si apre con un interminabile ed abbastanza anonima Flight of the Rat, dico anonima, perche sono io che sono difficile, diciamo che ha un riff un po’ facilotto, comunque dopo un tre o quattro minuti diventa abbastanza coinvolgente, segue il blues di In To The Fire, del quale il martellante ritmo, e martellante non in senso metaforico, ma l’idea è proprio quelle di sentire un carpentiere che pianta chiodi, ti porta in una specie di arcana tribale trance danzereccia. Se ho definito Flight Of the Rat anonima, non so proprio che aggettivo si possa usare per Living Wreck... diciamo che è probabilmente la canzone più melodica, dove anche Gillan risulta fin troppo pacato, una specie di Maria Callas che canta Quel mazzolin di fiori in tram, oltre al ritornello si fa notare un incongruo vento elettrico, quattro minuti e mezzo che più o meno passano velocemente. Con la finale Hard Lovin Man siamo nell’Hard Blues Psichedelico, e come poteva mancare un po’ di psichedelia alla fine degli anni sessanta?... ci viene restituito il Gillan che amiamo di più, quello sempre un po’ sopra le righe, un Freddy Mercury invasato dal testosterone, anche gli altri componenti della band danno sfogo alle loro fantasie più recondite, regalandoci sette minuti di energia pura, il buon Blackmore chiude il disco, con un Hendrixiano assolo.
A discapito della mia, giuro involontaria, ironia, un disco che va ascoltato, assieme ad i primi Black Sabbath, sicuramente tra i più influenti, per la musica hard ed heavy. In America nello stesso periodo gruppi come i Blue Cheer, o i MC5 e altri, o in Inghilterra gli stessi Led Zeppelin, rileggevano anche loro il rock in chiave più hard, ma loro erano molto più intellettuali, e le loro influenze avrebbero preso altre direzioni. E che cazzo qui stiamo parlando, di rock alcool e figa.
Lo Zio Fonta
6 commenti:
Ehm, caro Zio Fonta, ti confido una cosa...
...Milano, Forum, scorso 15 dicembre (http://www.rockol.it/news-102253/Deep-Purple--sei-concerti-in-Italia-a-dicembre )...
...c'ero anch'io :D
no! e ce lo dici così?? ;-)
e una piccola recensione del conserto con ce la fai?
E' una cosa tra me e una mia amica-collega :P
Scherzo ;) Erano in gran forma, dure ore buone, non male il chitarrista che ha preso il posto di Blackmore. Certo, Gillan gli acuti non li tiene più, e il clima autocelebrativo era (inevitabilmente) evidente, ma...
...per una dell'82 il senso di eventi di questo tipo è quello di poter vivere un'esperienza, per quanto ridimensionata, edulcorata e in differita, del rock che fu. Che, mi rendo conto, a volte tendo ad idealizzare eccessivamente.
Però Highway Star in apertura...wow...:)
non pensavo piu neanche che fossero in giro, io comunque gli ho visti negli anni novanta o fine anni ottanta non mi ricordo bene, gia allora non è che andavo in giro a dirlo a tutti, ma in fondo chi se ne frega, come ho detto nel titolo è solo rock n roll e ci piace ci piace
a maggio i deep vengono a pescara...ci sarò!
certo saranno pure invecchiati, ma il loro concerto non me lo perderò per nulla al mondo!
viva il rock!
Trovo più sensati loro, in questo momento, che non gli Who attuali (praticamente Pete+Roger, più Zak Starkey alla batteria e altri strumentisti)...li ho intrasentiti al Superbowl e, per quanto compressi e imbrigliati dalle tempistiche dello show, mi sono parsi...beh, con tutto il peso dei loro anni sulle spalle. I DP invece non hanno quasi sostanzialmente mai smesso di suonare insieme, a parte piccole parentesi. E si sente eccome!
Detto questo ho sempre preferito gli Who, splendidi fino a Quadrophenia :)
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